Dobbiamo per forza impazzire. Agli Italiani non ci arrendiamo e non amiamo l'Austria. Siamo in mezzo a due fuochi: l'Austria ci spinge alla morte, l'Italia ci sta uccidendo.
Ivan Matičič
Anche se molti soldati temevano lesioni permanenti e malattie, il trasferimento negli ospedali era per la maggior parte dei feriti lievi e dei malati un momento di conforto. Avevano infatti modo di allontanarsi dal fronte e quindi una maggiore speranza di vita. Tuttavia, non a tutti era stata data la stessa opportunità, per questo motivo, molti soldati, nonostante il pericolo di essere scoperti e puniti severamente, iniziavano a lesionarsi ed infettarsi deliberatamente. La simulazione di varie malattie nell'esercito era un fenomeno molto diffuso e, all'inizio della guerra, anche piuttosto semplice da mettere in atto. Più tardi, quando la situazione era diventata sempre più difficile, ed i soldati cominciarono a scarseggiare, non era più tanto semplice esimersi dall'affrontare il campo di battaglia.
Il desiderio di porre fine al tormento e alla sofferenza generata dalla guerra, era di anno in anno più crescente ed il numero di soldati che, in segreto e successivamente anche ad alta voce, esprimevano il desiderio di sottrarsi alla situazione in cui erano stati gettati, era in notevole aumento. Una possibilità era la diserzione, per la quale però era stata prevista una pena molto grave, ossia la morte. Inoltre, questo era considerato un atto vile e disonorevole, considerato un vero tradimento nei confronti degli ufficiali e l'imperatore. Per la diserzione infatti, nei primi anni della guerra, avevano optato solo in pochi, mentre negli ultimi due anni, quando sia l'esercito che la monarchia avevano iniziato il proprio decadimento, i disertori erano in aumento. Dal momento che la fuga dei soldati non permetteva il loro ritorno a casa, in quanto sarebbero stati catturati molto velocemente e poi puniti, questi si trovavano in gruppi in diverse zone meno popolate, dove non c'erano soldati né spie o altri testimoni. Il territorio dell'attuale Slovenia è stato il principale luogo di ritrovo per i disertori, il cosiddetto "quadro verde" nella foresta di Trnovo, mentre il comando principale si trovava a Lokovec. Qui, al riparo dagli alberi vivevano una vita militare parallela ma con la differenza che non erano esposti al fuoco nemico continuo, la fame ed altri problemi che li affliggevano prima di decidere di diventare disertori. Nonostante i disertori, con la loro fuga, avevano messo tutto a repentaglio, alla fine della guerra hanno comunque avuto la meglio. La monarchia ed il sistema militare erano infatti crollati, quindi alla fine della guerra erano riusciti comunque a integrarsi in pace e senza sanzioni nella vita normale.
La fetta più ampia di allontanamento dal fronte era costituita dai soldati catturati. I soldati austriaci avevano inizialmente molta paura della prigione, in quanto gli ufficiali raccontavano loro storie molto brutte riguardo al nemico e credevano dunque che era assolutamente da evitare finire nelle sue mani. I primi prigionieri catturati sulla parte orientale del fronte russo erano stati mandati nell'entroterra, dove lavoravano i cambi, aiutavano in vari lavori di edilizia, miniere e fabbriche. Di solito non c'erano uccisioni intenzionali dei soldati catturati, questi spesso morivano di fame, malattia, stanchezza e condizioni di vita estremamente povere. Anche i prigionieri russi catturati dagli austriaci non stavano molto meglio. Oltre allo scarso cibo e tanta miseria dovevano svolgere per l'esercito i lavori fisici più duri, mentre qualsiasi socializzazione con la gente del posto era considerata un criminale e dunque perseguita. All'apertura del fronte lungo la Valle dell'Isonzo, avevano iniziato ad arrivare da noi anche i prigionieri italiani, mentre molti dei nostri soldati erano finiti nei campi profughi italiani.
La maggior parte dei soldati di entrambe le parti, naturalmente, non aveva accettato la prigionia in maniera volontaria ma sono stati catturati o feriti durante i combattimenti. Tuttavia, molti dei soldati che facevano parte dei prigionieri si erano deliberatamente arresi e passati al nemico. Uno dei motivi principali per l'emigrazione dei soldati austro-ungarici erano le condizioni di vita insostenibili e la mancanza di cibo. La fame è stato il motivo determinante, in particolare sul fronte con l'Italia, visto che era risaputo che l'esercito italiano era ben fornito da una varietà di cibo ed altre necessità. Questo fatto e una situazione politica della monarchia sempre più precaria sono stati ben presto sfruttati dal sistema propagandistico italiano, il quale gettava dagli aerei, ai soldati e civili sul fronte, volantini chiedendo la resa ed il passaggio all'esercito italiano. Molti avevano creduto alle promesse invitanti del sistema propagandistico, mentre al loro arrivo in prigionia la situazione non era bella come quella promessa dagli italiani. Molti dovevano ritornare sul fronte, questa volta tra le file di quelli che un tempo erano i loro nemici, altri invece dovevano svolgere un duro lavoro fisico o vivere nei campi profughi. Inoltre, per molti prigionieri su entrambi i fronti la guerra era durata più a lungo, in quanto molti tornavano a casa solamente dopo un anno o due dalla fine della guerra.