I RIFUGIATI

È difficile essere un rifugiato, dipendi dalla grazia e la bontà delle persone ma si trovano ancora anime buone che si percepiscono le cose come noi.
Una rifugiata da Gorizia

La guerra aveva fortemente influenzato l'intera monarchia asburgica, insediandosi nella maniera più brutale principalmente in aree che si trovavano in prossimità dei campi di battaglia. Gli sloveni che vivevano nelle vicinanze dell'Isonzo avevano dovuto affrontare il problema dei rifugiati già nei primi giorni di guerra con l'Italia. Gli italiani che avevano occupato i territori del Collio, Kambreško, Caporetto e Plezzo, già dopo poche settimane dall'occupazione avevano sfollato la gente del posto- A Caporetto, la maggior parte della popolazione si era trasferita a Breginjski kot, mentre gli abitati di Plezzo e delle altre località sottostanti si erano inizialmente trasferiti subito oltre il confine, successivamente sono invece stati smistati in tutto il territorio italiano. Gli abitanti dei paesini attorno di Tolmin che erano stati occupati erano fuggiti in villaggi sulla riva sinistra del fiume Isonzo già prima dell'arrivo degli italiani, ma poi la maggior parte di loro era andato in uno campi profughi costruiti delle autorità in tutta la monarchia. Le famiglie più fortunate o che avevano parenti e generosi erano riusciti a rimanere sul territorio nazionale. Molti di loro erano insediati nella zona di Cerkno nella valle di Bača e sull’altipiano di Šentviška planota, altri invece si erano trasferiti nelle regioni di Carniola, Stiria e Carinzia. Qui vivevano singole famiglie provenienti da Plezzo, mentre la maggior parte degli abitanti di Plezzo aveva vissuto durante la guerra principalmente nei campi profughi sloveni a Bruck an der Leitha, in Austria.

Il destino dei rifugiati poteva essere molto diverso tra loro. La migliore condizione l'avevano vissuta coloro i quali avevano trovato bontà tra i propri familiari e amici. In principio, la maggior parte di loro aveva considerato questo come un esilio temporaneo ed i rapporti tra i padroni di casa e gli immigrati erano cordiali, mentre successivamente, quando la guerra continuava a protrarsi e ha prevalso una diffusa mancanza di cibo ed altri beni, tuttavia, avevano cominciato ad inasprirsi anche le relazioni tra di loro. Le famiglie collocate presso i privati dovevano infatti provvedere da sole al proprio sostentamento. Non erano infatti per loro previste nemmeno le forme di contributo designate per i profughi, in quanto il governo aveva cercato in questo modo di farli andare in uno dei campi profughi austriaci. La situazione era un po' più sostenibile per coloro che erano rimasti nei pressi delle proprie abitazioni, in quanto ricevevano l'aiuto dei comuni di origine. Questi distribuivamo loro cibo e vestiario dalle scorte governative e facevano meno fatica a trovare lavoro e una fonte di reddito aggiuntivo.

Anche i profughi in Italia erano stati spesso collocati presso i privati e percepivano fonti di sostentamento statali. Riuscivano anche a trovare un'occupazione nell'industria o nelle aziende agricole locali, mentre i bambini potevano frequentare le scuole locali. Nei luoghi in cui c'erano parecchi abitanti provenienti dalla Primorska, avevano costituito delle vere comunità slovene, di cui l'anello portante erano solitamente i preti. Questi erano stati inizialmente internati e separati dagli altri profughi da parte degli italiani, dopodiché li avevano liberati, al fine di potersi integrare con gruppi di profughi più grandi. La meglio l'hanno avuta i profughi provenienti dai paesini svuotati di Caporetto, i quali erano stati trasferiti nel vicino Breginjski kot. Nonostante avessero dovuto lasciare le proprie case, erano comunque rimasti con la gente del posto, vicini alla propria casa, per i quali la vita da profughi risultava dunque più sostenibile.

Una vita particolare era vissuta invece nei campi profughi soprattutto nella parte orientale della monarchia dell'impero austriaco. Questi campi erano villaggi ben organizzati, dove convivevano i profughi di diverse nazioni. Al loro sostentamento provvedeva lo Stato, il quale procurava loro cibo, vestiario, lavoro, assistenza medica, ma anche l'istruzione e l'educazione religiosa. Ovviamente non tutti i campi profughi erano così ben organizzati. Nonostante le condizioni di vita relativamente buone, la maggior parte dei rifugiati voleva avvicinarsi alla propria casa, in particolare negli ultimi anni della guerra, quando l'Impero aveva dovuto affrontare carestie ed attriti nazionali sempre maggiori.